mercoledì 8 agosto 2012

Capitalismo finanziario e industriale - Parte 2

Questo post in più parti è una elaborazione molto libera di questo articolo di Michael Hudson From Marx to Goldman Sachs: The Fictions of Fictitious Capital a cui attinge(copia) numerosi contenuti.
La posizione di M. Hudson rappresenta una critica molto radicale del capitalismo finanziario internazionale egemonizzato dalle oligarchie finanziarie statunitensi e britanniche. Le sue analisi riguardano prevalentemente l'economia statunitense e molte considerazioni richiederebbero un adattamento al contesto europeo e italiano.


Puntate precedenti:  Parte 1 - Introduzione

La discussione su quale ruolo produttivo e industriale avrebbe giocato l'alta finanza

Il secolo dal 1815 al 1914 fu relativamente libero da guerre. La Guerra Civile americana fu la più devastante e costosa. Ma invece di ricorrere al prestito dei banchieri, il Nord federale emise una sua propria valuta, il dollaro "greenback", per finanziare la guerra. Questo successo spaventò i banchieri di tutto il mondo e li spinse a raddoppiare la loro propaganda per la "moneta pesante" (convertibile in oro o argento), come se il credito bancario fosse intrinsecamente più solido rispetto alla creazione di moneta da parte di uno stato sovrano. Gli sviluppi successivi contraddirono questa affermazione dei banchieri (oggi nel mondo esiste solo “moneta leggera” non convertibile).

La guerra franco-prussiana impose alla Francia un debito per le riparazioni che essa fu in grado di finanziare senza grandi difficoltà. Gli economisti attribuirono il declino dei tassi di interesse nel corso del tempo al fatto che il mondo diventava più sicuro. La spesa pubblica era sempre più destinata alle infrastrutture ed a sostenere il progresso industriale. Vi erano pesanti spese per le armi, a dire il vero, soprattutto marine, ma per la gran parte i fondi pubblici erano finalizzati alla costruzione dell'industria in una alleanza a tre vie tra industria, governo e alta finanza.
I governi e le grandi banche stavano emergendo come pianificatori nazionali attraverso la loro allocazione della spesa pubblica e del credito.

La pratica di finanziamento industriale di maggiore successo emerse sul continente europeo, in particolare in Germania, dove il sistema bancario sviluppò i più stretti legami con il governo e l'industria pesante. La relativa assenza di grandi fortune fece di una necessità una virtù. Il ritardo della Germania nello sviluppo industriale spinse le sue banche e le agenzie governative ad adottare una visione a lungo termine basata sulla creazione di una forza economica nel tempo.
Invece di imitare le banche inglesi e olandesi nel fare prestiti fruttiferi a fronte di garanzie già in essere, la Reichsbank e le altre grandi banche si impegnarono in una vasta gamma di attività ("banca mista"), comprese le partecipazioni incrociate con i loro principali clienti.

Le rapide vittorie della Germania sulla Francia e in Belgio dopo lo scoppio della guerra nel 1914, furono viste da molti come la prova di una superiore efficienza del suo sistema bancario. Per alcuni osservatori la Grande Guerra è apparsa come una lotta tra forme rivali di organizzazione finanziaria, per decidere non solo chi avrebbe governato l'Europa, ma anche se il continente avrebbe avuto una economia più orientata al "laissez faire" o più statalista.

Nel 1915, poco dopo lo scoppio dei combattimenti, il sacerdote-politico cristiano socialista tedesco Friedrich Naumann riassunse in un libello la filosofia bancaria continentale nella Mitteleuropa. In Inghilterra, Herbert Foxwell ragionò sugli argomenti di Naumann in due saggi pubblicati nell'Economic Journal del mese di settembre e dicembre 1917, citando con approvazione la tesi di Naumann secondo cui il vecchio capitalismo individualista, che egli chiamava del tipo inglese, stava cedendo il passo ad una nuova, più impersonale, forma di gruppo; al capitalismo disciplinato e scientifico che egli definiva come tedesco. Nella emergente integrazione tripartita tra industria, banche e governo, la finanza era "senza dubbio la causa principale del successo della moderna impresa tedesca".

Quello che colpisce è quanto apparisse improbabile un secolo fa la prospettiva di un debito corrosivo e improduttivo. A dire il vero, Turchia ed Egitto furono rovinate dal debito estero, e frodi massicce e abuso di informazioni privilegiate si verificarono in progetti ambiziosi come i canali di Panama e Suez. Ma la logica di una profonda riforma finanziaria fu formulata con fervore evangelico, soprattutto in Francia. Il libro Du Système Industriel (1821) del conte Claude-Henri de Saint-Simon ispirò un'ideologia basata sulla percezione che l'industrializzazione di successo richiedesse uno spostamento dal debito fruttifero (usurario) al finanziamento del capitale d'impresa. Le banche sarebbero state organizzate molto similmente a fondi comuni (di mutualizzazione).

Glorificando i banchieri come i futuri organizzatori dell'industria, i san-simoniani videro nella rivoluzione industriale, l'introduzione di un capitalista lavoratore, un ingegnere finanziario, che giudicava dove il credito potesse essere meglio applicato. I prominenti sansimoniani includono il teorico sociale Auguste Comte, l'economista Michel Chevalier, il socialista Pierre Leroux, e l'ingegnere Ferdinand Lesseps i cui piani per i canali di Suez e Panama furono la elaborazione di idee promosse da Saint-Simon. Al di fuori della Francia la loro influenza si estese a Marx, John Stuart Mill e ai cristiano-sociali di molti paesi. Engels osservò che "Marx parlava solo con ammirazione del genio e del cervello enciclopedico di Saint-Simon".

Nel 1852, Emile Pereire e suo fratello Isaac costituirono la Société Générale du Crédit Mobilier come una banca a società per azioni. Il loro scopo era quello di fornire il finanziamento di capitale a basso costo e a lungo termine perché gli industriali potessero espandere la produzione, sostituendo i Rothschild ed altre famiglie di banchieri che avevano monopolizzato la finanza francese. Tuttavia, quando gli addetti del governo entrarono in gioco corruppero l'istituto. L'austriaco Credit Anstalt für Handel und Gewerbe divenne un'applicazione più efficace dei principi del Crédit Mobilier.

Il sistema bancario nei paesi anglosassoni rimase più nel carattere di ciò che Marx descrisse come capitale usurario. Le pratiche inglesi e olandesi avevano utilizzato a lungo la leva del debito per stabilire monopoli regali, ad esempio, come quando il monopolio nella emissione di moneta della Bank of England fu ottenuto in cambio dell’acquisto di titoli di Stato. I banchieri degli Stati Uniti fanno praticamente la stessa cosa ai paesi debitori di oggi, minacciandoli con crisi finanziarie e con la vendita dei titoli del debito pubblico in loro possesso, se non cedono il controllo finanziario del dominio pubblico alle banche globali.

Basato sulla capitalizzazione di flussi di reddito esistenti dati come garanzia, il sistema bancario anglo-olandese sembrava obbligato a modernizzarsi secondo linee più marcatamente industriali se non voleva non rendere le proprie economie finanziariamente obsolete. Foxwell avvertì che acciaierie, automotive, beni strumentali e altre industrie pesanti britanniche erano in pericolo di diventare obsolete, in gran parte perché i banchieri della nazione non erano riusciti a capire la necessità di estendere il credito a lungo termine e promuovere l'investimento in capitale per espandere la produzione industriale.

Il problema ha le sue radici nelle condizioni in cui il sistema bancario inglese prese forma. Al tempo in cui Adam Smith scrisse "La ricchezza delle nazioni", né il suo contemporaneo scozzese James Watt, né altri inventori erano stati in grado di ottenere prestiti bancari per introdurre le loro scoperte. Dovettero fare affidamento su famiglia e amici, poiché il credito industriale non si era ancora sviluppato.
Le banche emettevano cambiali per finanziare la spedizione delle merci una volta che queste erano state prodotte, ma non finanziavano la loro fabbricazione. Erano in essere procedure per scontare le fatture per il pagamento immediato, per valutare la capacità di indebitamento delle imprese le cui attività potevano essere rapidamente liquidate, o misurare ben attestati flussi di reddito che potevano essere capitalizzati per effettuare prestiti bancari. Le garanzie preferite erano costituite dagli gli immobili, insieme con ferrovie e servizi di pubblica utilità con un flusso di reddito stabile.

Il duca di Bridgewater fece immensi debiti personali per finanziare i suoi canali dal 1762, questo è vero, ma questi debiti erano garantiti da ipoteche sul suo patrimonio. Prime innovazioni come l'automobile dovettero attendere più di mezzo secolo per ottenere un finanziamento. Le case di investment banking ebbero poco a che fare con il finanziamento di società o imprese industriali. Le grandi case di investimento si opposero aspramente al coinvolgimento in numerose problematiche aziendali che emersero nel 1824 e 1825 e rifiutarono a lungo di prendere parte perfino al finanziamento delle ferrovie britanniche.

I banchieri britannici insistevano sul fatto che le aziende da loro controllate distribuissero la maggior parte degli utili sotto forma di dividendi e rimanessero altamente liquide piuttosto che fornire loro un margine di manovra finanziaria sufficiente a perseguire una strategia di investimento a lungo termine. Al contrario, le grandi banche tedesche distribuirono dividendi a solo la metà del tasso delle banche britanniche, mantenendo i loro guadagni come riserva di capitale, investito in gran parte nei loro clienti industriali. Trattando i propri mutuatari come alleati piuttosto che cercare semplicemente di realizzare un guadagno il più rapidamente possibile, preferivano che i loro clienti investissero i profitti nell'espansione della produzione piuttosto che pagare loro dividendi.

Gli agenti di borsa della Gran Bretagna non erano maggiormente all'altezza del compito di finanziare l'innovazione industriale di quanto non lo fossero le sue banche. Il fatto che le aziende manifatturiere potessero ottenere un finanziamento significativo solo dopo che già erano diventate sufficientemente grandi suscitò, negli anni 20, una aspra critica delle banche della Gran Bretagna, per la loro incapacità di finanziare l'industria e il loro favoritismo per i clienti internazionali, piuttosto che nazionali.

Così fanno oggi la maggior parte degli "azionisti attivi" americani, che dopo aver raggiunto i loro obiettivi di profitto si trasferiscono sul prossimo progetto senza preoccuparsi tanto di quello che succede agli investitori che subentrano al loro posto. "Appena ha il modo di scaricare con un profitto i titoli sottoscritti", si lamenta Foxwell nel 1917, "cessa la sua impresa. Per 'Lui' una speculazione di successo è più importante di una sana impresa".

La sconfitta della Germania e delle potenze centrali nel 1918 ha decretato anche la vittoria del modello anglo-olandese nel forgiare i principi bancari di riferimento. Wall Street aveva seguito fin dall'inizio la pratica del mordi e fuggi con pratiche di estrazione finanziaria a breve termine che i riformatori dell'epoca progressista credevano dovessero diventare un ricordo del passato.
I baroni delle ferrovie statunitensi e i manipolatori finanziari loro amici erano famosi per il rilascio a se stessi di azioni "gonfiate", per il "superfinanziamento" delle società con prestiti obbligazionari al di là delle loro esigenze o capacità di trasporto, intascando personalmente la differenza tra crediti ottenuti e loro utilizzo.
Queste pratiche portarono l'industria americana, in un tentativo di auto-protezione, a stare molto alla larga dai servizi bancari e da Wall Street.

Né gli economisti né i futurologhi previdero che le pratiche economiche potessero regredire. L'ipotesi di lavoro era che una evoluzione positiva sarebbe sfociata in forme più produttive. Ma le pratiche bancarie del capitalismo finanziario sono regredite verso prestiti predatori a breve termine. Invertendo un trend di otto secoli, le leggi finanziarie sono ridiventate più orientate al creditore. Il sistema fiscale è diventato regressivo, invertendo il programma finanziario-fiscale dell'Era delle riforme, detassando la proprietà e la ricchezza, spostando infine il carico fiscale sul lavoro e sull'industria.

Questo post in più parti è una elaborazione molto libera di questo articolo di Michael Hudson From Marx to Goldman Sachs: The Fictions of Fictitious Capital a cui attinge(copia) numerosi contenuti.

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